Amministrazione della giustizia

La Piazza era spesso turbata da ben diversi spettacoli perché in essa (e precisamente nella Piazzetta tra le colonne di Marco e Todero) avvenivano le esecuzioni capitali.
A volte lo stesso Doge presenziava all’evento quasi a testimoniare il significato di una punizione esibita per reati quali il tradimento, il peculato o delitti efferati.
L’amministrazione della giustizia era in genere assai rapida: una volta che il reo era rinchiuso nelle Prigioni in Palazzo Ducale, veniva celebrato un rapido processo, utilizzando se del caso strumenti di tortura.
La sentenza di morte veniva eseguita in pochi giorni: in Piazzetta per decapitazione o strangolamento. A volte, per i reati di peculato o tradimento, veniva prima amputata la mano. In seguito al decesso il corpo poteva essere squartato e i miseri resti lasciati per giorni sul luogo per ammonimento.
Così nel 1432 il Carmagnola, generale della Repubblica, venne messo a morte per tradimento, nel 1435 Marsilio da Padova reo di aver tentato di riconquistare la città, già signoreggiata dalla famiglia.
Ma l’esecuzione capitale poteva riguardare anche nobili come avvenne per Andrea Contarini che aveva ferito il Doge Gritti. Alcuni nobili rei di tradimento venivano decapitati tra le due colonne rosse del colonnato del Palazzo, da cui solitamente si affacciava il Doge.
Le esecuzioni capitali non erano infrequenti: tra 1500 e il 1600 furono più di cento e i capi di imputazione, oltre all’omicidio, erano la ribellione, frodi all’erario, reati ed abusi sessuali; molti erano i casi di condanna a morte per sodomia.
Soprattutto per i più noti fatti di sangue, moltissima era la partecipazione popolare, spesso anche a bordo di barche che sostavano in Bacino.