Gli altarini del 400

Nei transetti nord e sud della basilica si trovano gli altarini rinascimentali di San Paolo e San Giacomo ai lati dei pulpiti, realizzati nella seconda metà del Quattrocento da Antonio Rizzo di Verona. Un terzo altare del medesimo periodo e dello stesso artista si trova nella cappella di San Clemente.

I tre altari sono commissionati dal Doge Cristoforo Moro, ricordato da un iscrizione in ogni altare e vengono ideati ed ornati secondo forme e modelli rinascimentali..

 

Altare S GiacomoAltare S PaoloAlla committenza del doge Cristoforo Moro (1462-1471) si devono l’altare della cappella di San Clemente e gli altari di San Paolo e San Giacomo che si trovano nei transetti a nord e sud della basilica e sono l’uno il pendant dell’altro per forma, dimensioni e ubicazione. Sui tre altari un’iscrizione ricorda il doge committente.
L’intera opera deve essere stata completata prima del 28 giugno 1469, giorno in cui è registrato il pagamento dell’onorario per l’esecuzione degli altari al giovane Antonio Rizzo di Verona, che fa il proprio debutto artistico con la commissione più prestigiosa allora disponibile a Venezia in ambito scultoreo.

La presenza di San Bernardino da Siena, santo predicatore francescano, con San Marco ai lati della Madonna, nell’altare di San Clemente testimonia la speciale devozione del doge per il santo da poco canonizzato.
L’attuale disposizione del rilievo della Madonna con bambino, con i due santi, viene modificato nel 1810 circa, con l’inserimento nella parte inferiore di un rilievo del Doge Andrea Gritti che venera san Nicolò scolpito nel 1523 da un anonimo per la cappella di San Nicolò in palazzo ducale.

Negli altari dei Santi Giacomo e Paolo, le statue dei santi sono circondate da tabernacoli rinascimentali.
Rizzo è tra i primi a utilizzare per i suoi altari delle paraste, una trabeazione e una lunetta, quest’ ultima posta a incorniciare la pala.

La maggior varietà di aree e profili dell’altare di San Paolo suggerisce una datazione posteriore di quest’opera rispetto a quello di San Giacomo: nel primo lavoro, la distribuzione poco uniforme del peso del corpo del Santo è molto più evidente per via di uno sbilanciamento pronunciato dell’asse del bacino e di una più netta proiezione della gamba sollevata. La rotazione contraria di testa e spalle di san Paolo produce nel corpo una leggera torsione, mentre la figura di San Giacomo è ancora condizionata dalle geometrie chiuse del blocco di pietra cubico utilizzato per la lavorazione.
Il drappeggio di entrambe le statue, oltre che della Madonna e del san Marco dell’altare di San Clemente, tradisce l’influenza dell’arte padovana del 1450 circa. La conversione di San Paolo, al contrario è debitrice verso l’arte fiorentina: la cosiddetta tecnica dello “schiacciato”, ossia di un rilievo appiattito; la simulazione della prospettiva atmosferica; e la dissoluzione del terreno per mezzo di un tappeto di nuvole, tutti espedienti che oggi si possono ammirare soltanto in vecchie immagini, suggeriscono che Rizzo aveva visto i rilievi fiorentini di Donatello.