Le sculture del Sansovino

Il 7 aprile 1529 Jacopo Sansovino viene nominato proto di San Marco, architetto direttore dei lavori della basilica.
Oltre agli interventi architettonici di consolidamento e alla trasformazione di Piazza San Marco, Sansovino si occupa anche dell’abbellimento della basilica.
Tra gli interventi più significativi, la trasformazione del coro da medievale a rinascimentale.

Il capolavoro del Sansovino secondo gli studiosi è la Porta bronzea della Sacrestia. Nei due pannelli principali sono raffigurate le scene della Sepoltura e della Resurrezione incorniciate da tre Profeti e dai quattro Evangelisti.

I Procuratori di San Marco nominano il 7 aprile 1529 Jacopo Sansovino loro proto, architetto direttore dei lavori, per soprintendere alla basilica e a tutte le fabbriche in Venezia e fuori Venezia.
Oltre ad occuparsi di vari interventi architettonici e di consolidamento, Sansovino, in qualità di proto ha anche il dovere di abbellire la basilica marciana, e lo farà trasformando il coro. Attualmente nel presbiterio rimangono nella loro posizione originaria solo le tribune per cantori, la porta della sagrestia, e la porticina per l’altare del Santissimo Sacramento, a causa delle modificazioni radicali avvenute quando, nel 1807, la cappella ducale diviene basilica patriarcale, e altri interventi degli anni Cinquanta del XX secolo.

Il presbiterio di San Marco progettato da Sansovino è suddiviso in due aree: il coro maggiore, in cui il Doge, la Signoria ed il seguito seguono le funzioni, ed il coro minore, sopraelevato rispetto al primo da due gradini, vero presbiterio e coro per il clero. Sotto la sua direzione si realizzano i nuovi bancali con dossali intarsiati addossati alle pareti del coro maggiore, su cui, a partire dagli anni cinquanta del Cinquecento, si appendono, durante le funzioni solenni, i preziosi arazzi di manifattura medicea con le Storie di San Marco.
Sansovino realizza i rilievi bronzei da lui firmati per le due tribune dei cantori a destra e a sinistra dell’area ducale. Abolendo la profondità prospettica, cala ogni storia in un’atmosfera densa di citazioni classicheggianti e dispone le figure, modellate con forte plasticismo, in una serrata narrazione drammatica e spettacolare che influenzerà le successive opere di Tintoretto. Con i rilievi del Sansovino si torna ad esaltare i poteri miracolosi di San Marco. Nei rilievi del “pergolo” di destra (1537) sono raffigurati episodi della vita dell’Evangelista: San Marco battezza gli infedeli, Il martirio del santo ad Alessandria, San Marco risuscita un morto, esorcizza un indemoniato, risana gli storpi, e nel quarto rilievo è raffigurato San Marco e il suo leone.

Sansovino - Il miracolo del soldato in LombardiaDi qualche anno posteriori (1541-1546) i rilievi per il “pergolo” di sinistra, raffiguranti Il miracolo dello schiavo in Provenza, Il miracolo della pioggia in Puglia, Il miracolo del soldato in Lombardia e San Marco in atto di leggere.

 

 

 

 

Sansovino - Porta SacrestiaMa il capolavoro del maestro, secondo tutti gli studiosi, risulta essere la Porta bronzea della sacrestia di cui Sansovino modella la cera fin dal 1546.
La porta bronzea, che segue l’andamento ricurvo della parete absidale, e’ inquadrata entro una cornice marmorea. Nei due pannelli principali sono raffigurate le scene della Sepoltura (pannello inferiore) e della Resurrezione (pannello superiore) incorniciate in senso orizzontale da tre Profeti semidistesi, e in senso verticale dai quattro Evangelisti. Agli angoli dei due riquadri maggiori, emergono, da riquadri più piccoli, sei teste. Solo tre ritratti sono stati identificati, grazie a Francesco Sansovino, quello del padre, Jacopo, di Tiziano e di Pietro Aretino. Le altre tre teste sono soggette a varie congetture: Palladio, Tintoretto, Veronese ed i due Palma.

 

 

 

 

 

Sansovino - Portella tabernacoloLa portella del tabernacolo con il Cristo in gloria completa l’altare dell’abside, dietro l’Altar Maggiore. Il fatto che la portella sia opera di bottega, non significa che il Maestro non se ne sia interessato, ma probabilmente fa supervisore per questa copia di San Marco.

 

 

 

 

Le sculture del Sansovino per il presbiterio, vengono realizzate tutte in bronzo; si tratta di lavori individuali, ma che non possono considerarsi indipendenti ed isolati, poiché tra loro esiste una interrelazione dovuta all’abile regia dì Sansovino che stabilisce un senso di unita’ nel coro.
Dai documenti in nostro possesso possiamo farci un’idea abbastanza precisa degli stadi della creazione dei bronzi del Sansovino. Il maestro crea un bozzetto in terracotta, probabilmente presentato ai Procuratori per essere approvato prima della fusione in bronzo, mentre il resto della procedura viene affidato alla sua bottega, sotto la supervisione di un capobottega.
Il coinvolgimento di molti collaboratori nel processo di fusione è stato interpretato da alcuni studiosi come un segno di lontananza del Sansovino dal progetto. Senza dubbio i collaboratori di Sansovino preparano i modelli in cera, affidati poi a fonditori specializzati, ma questo dipende dallo stesso processo di fusione in bronzo, lungo, complesso ed estremamente delicato. A Padova lo stesso Donatello, un secolo prima, si serviva di fonditori di mestiere. In quanto al modello in cera per la fusione, la sua preparazione può essere tranquillamente affidata ai collaboratori, poiché la cera deve essere modellata finemente, in tutti i suoi particolari, per assumere la forma voluta dallo scultore. Inoltre la perfezione formale di una scultura bronzea è il risultato di una lunga e paziente rilavorazione che corregge le imperfezioni della fusione. Si intuisce come per Sansovino, scultore ed architetto richiestissimo ed oberato di lavoro, l’uso del bronzo sia una soluzione ottimale, poiché gli consente di modellare bozzetti lasciando ad altri il lungo processo di fusione.
Nei bronzi di San Marco hanno modo di esplicarsi l’originalità e la creatività di Sansovino, che lo portano a sperimentare il manierismo, stimolato anche dal contatto con i toscani Giuseppe Salviati, giunto a Venezia nel 1539, e Giorgio Vasari, che per pochi mesi tra il 1541 e il 1542 rimane nella città lagunare.

Nell’operazione di aggiornamento, secondo un linguaggio più moderno, dello spazio cerimoniale del presbiterio, Sansovino celebra il mito di Venezia, con un programma di decorazione in chiave propagandistica all’interno della basilica, in cui i temi della religione e della politica risultano intrecciati, avendo il culto marciano, fin dai suoi albori, non solo un significato religioso, ma anche e soprattutto politico.