Le iconostasi

Iconostasi 3All’interno della basilica di San Marco troviamo tre iconostasi gotiche: nel presbiterio e all’interno delle cappelle di San Pietro e San Clemente. Le ultime due di dimensioni ridotte riportano figure di sante.

Delle tre la più importante è sicuramente l’iconostasi gotica che separa la navata dal presbiterio e che ne sostituisce una del Duecento.
Opera dei fratelli veneziani Pierpaolo e Jacobello dalle Masegne, è costituita da 14 bellissime statue in marmo raffiguranti i 12 Apostoli con la Vergine e San Marco realizzate verso la fine del XIV secolo.
L’iconostasi, nelle chiese di tradizione bizantina, è un tramezzo, generalmente di legno o di marmo, che separa la navata dal presbiterio, così chiamato perché fa da supporto a delle icone. Dato che le icone mancano completamente dall’opera veneziana, sarebbe più corretto definirla ‘transenna a colonne’.

La parte centrale, che separa il presbiterio dalla chiesa, reca l’iscrizione con la data del 1394 e la firma di Pierpaolo e Jacobello dalle Masegne, i quali tra il 1380 e il 1410 hanno una notevole influenza sia a Venezia che sulla terraferma.
L’iconostasi di San Marco è l’unica opera che reca una firma indubbia dei dalle Masegne e che rimane completa nello stato originale.

L’iconostasi del presbiterio ne sostituisce una del Duecento, di cui rimangono al loro posto originale ancora le basse arcate. Questa, secondo la ricostruzione, non mostrava alcuna somiglianza strutturale con l’attuale. L’iconostasi precedente, smembrata, era ornata con rilievi, ed è probabile che, in ricordo di questa iconostasi, si sia deciso per l’ornamento scultoreo.

Iconostasi 4L’attuale iconostasi è costituita dai 12 Apostoli con la Vergine e San Marco, ogni figura porta sulla base un’iscrizione che indica il nome latino attribuibile alla scultura (S. Mattia, S. Filippo, S. Taddeo S. Andrea, S. Jacopo Maggiore, S. Pietro, la Madonna, Cristo Crocifisso, S. Giovanni, S.Marco, S. Matteo, S. Bartolomeo, S. Jacopo, S. Simone, S. Tommaso).
Non è possibile identificare senza riserve le singole figure, dato che, in alcune statue, c’è stato uno scambio di basi.
Le sculture sono in marmo bianco ma mostrano una superficie scura di color marrone, che probabilmente deriva dal fumo delle candele che si ponevano tra le figure. Sugli orli delle vesti rimangono resti notevoli della policromia originale, nella quale viene ripetuto il motivo del rombo, che ritroviamo nella parte architettonica della iconostasi.

L’insieme iconografico ricorda quello dell’ iconostasi del vecchio San Pietro a Roma, dove, accanto agli apostoli, si trovano alcune sante. Questo riferimento non è certo casuale, e testimonia l’intenzione dei veneziani di gareggiare con la chiesa dell’Apostolo di Roma.

 

Le tre parti della iconostasi marciana appaiono uguali nella loro struttura, mentre lo stile è profondamente diverso. Qui si offre la possibilità di individuare lo stile dei due fratelli.
Si suppone che Jacobello si sia assunto l’esecuzione delle figure della parte centrale, scolpendole tra il 1393 e il 1394 con i suoi collaboratori, mentre Pierpaolo abbia realizzato, più tardi, insieme alla sua bottega, le sculture delle parti laterali.
Le dieci figure sulle parti laterali dell’iconostasi sono state attribuite tra l’altro ad un collaboratore meno dotato dei dalle Masegne, e vi si sono rivelate affinità stilistiche con le opere di Nino Pisano, ma non si è mai presa in seria considerazione una attribuzione a Pierpaolo.
L’attribuzione delle quattordici figure dell’iconostasi centrale a Jacobello non esclude naturalmente la partecipazione di aiuti, ai quali tocca preparare i blocchi di marmo, abbozzandoli secondo i disegni di Jacobello.
Ciò può comportare qualche colpo poco felice, rendendo addirittura necessaria una soluzione di fortuna. Così per esempio, nel San Giovanni Evangelista, la spalla destra, troppo stretta, potrebbe essere causata da un errore.
Difetti simili però appaiono di secondaria importanza se si giudica l’opera nei suo insieme. Appare chiaro del resto l’intento di far apparire tutte le figure come opera di un solo artista .
Gli Apostoli e la Madonna non guardano nè davanti a sè, né verso la croce, le loro teste sono inclinate un po’ di lato, e ogni personaggio sembra vivere chiuso in se stesso. Malgrado questo, il loro inclinarsi e flettersi dà luogo alla formazione di coppie, una bella invenzione che permette di raggrupparle ritmicamente.
Il relativo isolamento delle singole figure non è espresso solo nei volti, ma anche negli atteggiamenti. Le figure di Jacobello poggiano più saldamente in terra, e sono rare le consonanze di orli, pieghe, contorno e atteggiamento; Jacobello talvolta drappeggia la veste così stretta al corpo da formare “isole”, delimitate da creste piegate, spesso tese a formare un ovale. Solo nel secondo quarto del Quattrocento si trova a Venezia qualcosa di simile. Ma, nonostante le vesti aderenti, il corpo nelle sculture di Jacobello non è visto come un tutto organico ed è nascosto nel panneggio, cosicché solo raramente se ne vedono le articolazioni.
Hanno maggior peso, nell’insieme della figura, i volti con l’espressione tesa di Jacobello, mentre quelli di Pierpaolo sono di solito più sereni. Questi volti ricordano più da vicino pitture e mosaici veneziani della metà del Trecento, e non altre opere di scultura.