Il nuovo testamento

Pavimento veduta

Dopo la preparazione e l’attesa lette nei mosaici dell’atrio, l’ingresso in chiesa rappresenta un simbolico entrare nella ‘terra promessa’ ad Abramo e agli antichi patriarchi.
Contornano il portale, entro nicchie di diverse dimensioni, le figure in mosaico della Vergine con il Bambino tra otto apostoli (registro superiore) e i 4 evangelisti (registro inferiore). Essi appartengono alle realizzazioni musive più antiche, forse degli ultimi anni dell’XI secolo, quando il grande portale era l’ingresso esterno della chiesa, prima della costruzione dell’atrio, e si ritengono opera di quei mosaicisti “greci” , termine che ne indicava genericamente la provenienza dall’area bizantina, ricordati nelle antiche cronache veneziane.
Superato il portale ed entrati nello spazio sacro della basilica, i mosaici dorati, che avvolgono la parte superiore dell’architettura, sono sicuramente l’aspetto più coinvolgente per il senso di unitarietà che donano all’interno e per i loro richiami orientali, come il significato simbolico dell’oro, colore del Divino.

 

 

 

Bibbia di Venezia

La lunetta sopra la porta maggiore ci suggerisce subito un’ulteriore e più precisa chiave di lettura dello spazio in cui ci troviamo. Le tre figure richiamano l’impianto classico di una Deesis, la preghiera di intercessione che, nell’iconografia orientale mostra ai lati del Cristo Pantocratore la Vergine Madre e Giovanni Battista, i due grandi intercessori di tutta l’umanità. Qui la Deesis è liberamente interpretata: il Battista è sostituito da San Marco, patrono della chiesa e della città. Le parole del capitolo 10 del vangelo di Giovanni scritte sul libro aperto in mano a Gesù: “Ego sum ostium per me si quis introierit salvabitur et pasqua inveniet – Io sono la porta, se uno entra attraverso di me, sarò salvo e troverà i pascoli della salvezza”, ci portano a recuperare significati e valori dimenticati: la “porta” vera che ci conduce alla salvezza è Cristo stesso, la sua Parola comunicata mediante a noi mediante la sua vita.

 

 

Proprio come un vangelo miniato va letto l’insieme dei mosaici delle cupole, delle volte, delle pareti.
Il nucleo centrale, che narra la storia della salvezza cristiana, spazia dalle profezie messianiche alla seconda venuta del Cristo Giudice alla fine del mondo e ha i suoi punti focali nelle tre grandi cupole della navata principale.
L’orientamento della basilica, con il presbiterio rivolto a Est e la porta principale a Ovest, secondo i canoni tradizionali, indica l’asse, il percorso del sole, lungo il quale va seguito il nucleo principale dei mosaici antichi. Questo percorso consente di leggere la storia della salvezza, portata agli uomini da Gesù, sole che non tramonta mai.

Mosaici - Cupola dei ProfetiNella cupola dei Profeti inizia il percorso della storia della salvezza, con l’annuncio del messia da parte dei profeti che, attorno alla Vergine, mostrano i testi delle loro profezie.
Sul catino absidale un grande Cristo Pantocratore, signore dell’universo, è il rifacimento del 1506 di un maestro mosaicista rinascimentale, della originaria immagine di tipo bizantino.
Il Pantocratore dal catino absidale invia il suo Figlio al mondo. Egli appare al centro della cupola tra miriadi di stelle con il rotolo della legge tra le mani. Nella concavità interna si susseguono la Vergine e i profeti. In basso sono allineati la Vergine, in sontuoso apparato orientale con le mani protese in avanti mentre attende che il Verbo, dal centro della cupola, scenda su di Lei, e i tredici profeti: Isaia, Geremia, Daniele, Abdia, Abacuc, Osea, Giona, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia, Salomone e David. Ciascuno di essi regge un cartiglio con allusioni all’Incarnazione, alla Resurrezione di Cristo e al Giudizio Finale. In atteggiamento orante e in posizione centrale, Isaia, indicando il giovane imberbe al centro della cupola, pronuncia le parole: “Ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emanuele, Dio con noi” e Davide, capostipite della discendenza regale d’Israele, che indossa le sontuose vesti dell’imperatore di Bisanzio, proclama la regalità del bambino che da lei nascerà “Il frutto delle tue viscere porrò sul mio trono”.
Alla base della cupola sui quattro pennacchi sottostanti sono rappresentati i simboli dei quattro Evangelisti: il leone (San Marco), il bue (San Luca), l’angelo (San Matteo) e l’aquila (San Giovanni).
Il significato della loro presenza è chiarito dall’iscrizione che li accompagna (“quanto fu detto del Cristo tramite oscure allusioni [dei profeti] agli Evangelisti è dato di rendere chiaro e per mezzo di loro Dio stesso si rende noto all’umanità”).

Lo stesso tema iconografico del presbiterio si ripete sulle pareti della navata centrale: dieci quadri in mosaico incastonati tra preziosi marmi, splendide realizzazioni del XIII secolo, i “pinakes”, presentano sulla parete destra, la Vergine, su quella sinistra, il Cristo Emanuele, attorniati rispettivamente da quattro profeti. Se appaiono ancora insistenti il linearismo e lo slancio delle singole figure, si configurano come novità il senso plastico assunto dai singoli personaggi proprio ad opera della linea e dei panneggi delle loro vesti i quali, anzichè smaterializzarne i volumi, li valorizzano.

In logica e liturgica successione appare il ciclo del tempo di Epifania nell’arcone sopra l’iconostasi, in funzione di cerniera tra la cupola del presbiterio e quella centrale dell’Ascensione.

Mosaici - Arcone sopra l'IconostasiQui ha inizio il compimento delle profezie con le scene che raffigurano l’Annunciazione dell’angelo a Maria, l’Adorazione dei Magi, la Presentazione al tempio, il Battesimo di Gesù nel fiume Giordano e la Trasfigurazione. Questi mosaici vengono rifatti su cartoni di Jacopo Tintoretto alla fine del XVI secolo. Del battesimo di Gesù esiste un’altra esecuzione medievale, all’interno del battistero, che ricorda la grande ricchezza dei moduli delle icone bizantine.

Nei due transetti, sulle pareti e le volte, sono tradotti in numerose immagini i gesti compiuti da Gesù a conforto dei malati, dei sofferenti, dei peccatori.
I fatti di Cristo raccontati nei testi evangelici delle domeniche dopo l’Epifania sono pressochè completi nei mosaici ai due lati del transetto settentrionale: Le Nozze di Cana, I profanatori del tempio, I dieci lebbrosi, Cristo e l’adultera, La tempesta sedata, Il paralitico guarito nella piscina probatica, Il centurione innanzi al Cristo, La donna che tocca il lembo della veste di Cristo, L’idropico guarito, La guarigione del lebbroso, La pesca miracolosa nel lago di Genezareth, La Resurrezione del figlio della vedova di Nain, Il Cristo e la Cananea. Sui lati del transetto meridionale (o di destra) troviamo La moltiplicazione dei pani, Cristo e la samaritana presso il pozzo, Cristo guarisce il cieco nato, Cristo e Zaccheo, Cristo guarisce l’infermo sul lettuccio, San Pietro cammina sulle acque, La seconda moltiplicazione dei pani, Cristo guarisce la suocera di Pietro, Cristo caccia i demoni nel gregge di porci, Cristo guarisce la donna curva.
Molte di queste scene sono state rifatte nel Cinquecento e nel Seicento.

Mosaici - CrocefissioneProseguendo sotto la cupola centrale sono riuniti i fatti conclusivi della vita di Cristo, con i riti della Settimana Santa sulla volta meridionale: le Tentazioni di Cristo, l’Ingresso in Gerusalemme, l’Ultima cena (mosaici della prima metà secolo XII tra i meglio conservati), e la Lavanda dei piedi, sulla volta occidentale, il Bacio di Giuda e la Condanna di Pilato, la Crocifissione, le Donne al Sepolcro, la Discesa al Limbo, l’Incontro con le donne, l’Incontro con Tommaso.

 

 

 

 

 

Sulla parete della navata destra il grande pannello de l’Orazione nell’orto degli ulivi. E’ un’aggiunta del XIII secolo e costituisce uno dei capolavori di tutto il complesso musivo in cui si riconosce la mano di tre maestri. A ciascuno viene attribuita una delle tre scene dominate da un paesaggio roccioso, nel quale spuntano fiori e alberi di straordinaria bellezza in cui si narra la dolente e solitaria preghiera di Cristo, mentre l’indifferenza dei suoi amici è espressa nel gruppo dei dormienti di sinistra.

Mosaici - Cupola dell'AscensioneAl centro della basilica, all’incrocio con il transetto si trova la cupola maggiore che celebra il mistero conclusivo della vita di Gesù: la sua Ascensione al cielo.
La decorazione della cupola dell’Ascensione, della seconda metà del XII secolo, è il capolavoro dei mosaici marciani ed il cuore del messaggio spirituale della basilica. E’ ritenuta la migliore espressione musiva della basilica per struttura, qualità del mosaico e conservazione.
Nel cerchio stellato del centro il Cristo, seduto su un arcobaleno, è portato verso l’alto da quattro angeli in volo. Al di sotto, in un grande cerchio concentrico, la Vergine tra due angeli e i 12 apostoli guardano verso l’alto, alternati da alberelli di varie forme e dimensioni che suggeriscono l’ambiente – il messianico monte degli ulivi – dove Luca colloca l’episodio dell’Ascensione.
Più sotto, tra le finestrelle, sedici figure femminili, in una sequenza danzante, personificano le Virtù e le Beatitudini: Speranza, Fede, Giustizia, Fortezza, Temperanza, Prudenza, Umiltà, Dolcezza, Contrizione, Astinenza, Misericordia, Pazienza, Castità, Modestia, Costanza, Carità, quest’ultima incoronata e in vesti regali, “madre di tutte le virtù” come suggerisce l’iscrizione che la contorna.
In pratica vi sono le tre virtù teologali (Fede, Speranza e Carità), le quattro virtù morali (Prudenza, Giustizia, Fortezza, Temperanza), poi vengono altre nove virtù, che sono parte integrante, secondo il concetto medievale, delle quattro virtù morali. Se la scena dell’Ascensione ha un illustre precedente bizantino nella cupola di Santa Sofia di Salonicco (IX secolo), assolutamente veneziana è la collocazione delle sedici Virtù.

Sui pennacchi i quattro Evangelisti stanno scrivendo l’inizio del loro Vangelo: ciascuno è schematizzato a figurazione laterale seduto presso il proprio studiolo e mancano i quattro simboli, già presentati nei pennacchi della cupola del presbiterio. Le due cupole sono correlate in quanto nel presbiterio gli Evangelisti adombrano la salvezza, mentre nella cupola dell’Ascensione la manifestano apertamente. Ogni Evangelista tiene il proprio Vangelo aperto sulle prime parole.
Sotto i quattro fiumi biblici – Gion, Fison, Tigri, Eufrate – versano l’acqua, anche qui con evidente simbologia battesimale, sulla comunità dei fedeli.
Il maestro greco autore, con i suoi collaboratori, di questo ciclo è stato definito il maestro dallo “stile agitato”. Nessuna definizione può ritenersi più adatta a questo mosaicista che nella realizzazione di queste scene di Morte, Resurrezione e Ascesa esprime tutta la tensione drammatica e il rinnovamento dell’umanità e dell’universo. Egli piega la linea in una miriade di curve che articolano i volti dei personaggi e nell’attuazione di panneggi complicatissimi che si avvolgono in ampie spirali per snodarsi in drappeggi eleganti a ventaglio e stendersi in svolazzi armoniosissimi rievocanti soluzioni ellenistiche.

I colori usati sono i più preziosi: tutti ottenuti dall’impasto dell’amalgama vitreo con lapislazzuli, rame, oro, argento, ferro e quando l’ elemento cromatico e la luminosità degli smalti non bastano a rendere immateriale e a trasfigurare un’immagine, si ricorre alle lumeggiature d’oro, d’argento e bianche. Se i volti umani degli apostoli sono percorsi da lumeggiature nere, i volti del Cristo, della Vergine e degli angeli sono percorsi da candide lumeggiature che danno l’impressione che una luce divina si sprigioni dai volti stessi.

Mosaici - Cupola della PentecosteLa cupola seguente, della Pentecoste ha finalità celebrative e glorificanti della discesa dello Spirito Santo e della nascita della Chiesa. Sulle due volte ai lati della cupola si vedono i martìri degli apostoli: quella a destra ancora integra nell’esecuzione medievale, quella a sinistra rifatta nel corso del XVII secolo. Queste e altre sostituzioni si sono rese necessarie per la caduta dei mosaici, dovuta a cause diverse documentate in antiche cronache (umidità, incendi, terremoti).
Se la scenografia della cupola dell’ Ascensione si risolve in un’unita di motivi convergenti verso il Cristo che sale in cielo sul vertice, la cupola della Pentecoste e risolta in un’emanazione di dodici raggi di luce d’argento contro il fondo d’oro, divergenti dalla colomba dello Spirito Santo sopra il Trono, che vanno ad appoggiarsi, sotto forma di rossa fiammella, sul capo dei dodici apostoli che siedono ognuno su un seggio. Tra le sedici finestre sottostanti si trovano le raffigurazioni dei popoli presso i quali si è diffuso il messaggio di Cristo ad opera degli apostoli illuminati dallo Spirito Santo.
Sui quattro pennacchi sotto la cupola appaiono quattro angeli d’ineguagliabile bellezza per l’eleganza delle loro stilizzatissime forme create da un complesso gioco di linee e per la delicatezza cromatica, tipiche dei maestri greci più raffinati.
Gli apostoli s’impongono per la loro monumentalità, per l’ espressionismo dei loro volti, accentuato dal gioco di linee già registrato nei profeti della cupola presbiteriale e negli apostoli di quella centrale, per le varianti delle loro posizioni sui troni, per la ricchezza decorativa dei panneggi e per l’alternarsi dei colori sulle loro tuniche e mantelli.

La Pentecoste, che con la discesa dello Spirito Santo completa la Trinità, dopo la cupola del Padre (Profeti), del Figlio (Ascensione), è il capolavoro di un altro maestro operante in San Marco nel quarto e nel quinto decennio del XII secolo. Nonostante i restauri del XV e XIX secolo, la bellezza di questo ciclo rimane inalterata nella preziosità del suo materiale musivo (oro, argento, smalti e tessere petrinee sapientemente tagliate e posate), nell’originalità della sua disposizione scenica assolutamente coerente con quella data alle altre due cupole: l’attesa del Figlio da parte dei profeti in quella presbiteriale, il moto convergente degli apostoli verso il vertice, sede del Cristo ascendente, in quella centrale e il moto divergente dal centro in cui lo Spirito Santo irradia la sua luce sugli apostoli.
Assoluta unità iconografica e compositiva dunque in un lasso di tempo di tre a al massimo quattro decenni richiesti dalla realizzazione del grandioso programma, frutto della cooperazione di tre maestri principali – con la collaborazione di una equipe abilissima – che sviluppano diversi aspetti della loro cultura greco-bizantina, secondo l’opportunità offerta dalla tematica iconografica a cui essi debbono dar forma figurativa.
L’Ascensione offre lo spunto per ostentare un’abilità particolare nel dar moto alle figure, tutte protese e quasi lievitanti verso il Cristo ascendente al cielo; mentre la Pentecoste offre l’opportunità per realizzare effetti di luce (argenti dei raggi sul fondo oro) di grande effetto e preziosità, l’attesa della venuta del Figlio da l’occasione per realizzare le figure in tutta la loro maestosa intelligenza profetica.
Se nel XII secolo i mosaicisti sono greci, nel XIII secolo assistiamo a una collaborazione di maestri costantinopolitani con altri formatisi a Venezia.
La conquista di Costantinopoli, da parte dei Veneziani con i Crociati nel 1204, impone alla Signoria di adeguare lo splendore della cappella ducale al nuovo ruolo di padrona di un quarto e mezzo dell’Impero.

Mosaici - Arcone ApocalisseSopra l’ingresso la volta dell’Apocalisse e quella del Giudizio Finale, quest’ultima visibile anche dall’atrio attraverso l’apertura del ‘pozzo’ con i mosaici rinascimentali in gran parte rifatti nel XIX secolo, rappresentano nelle scene delle visioni apocalittiche di Giovanni e nel Giudizio Finale il punto d’arrivo del messaggio spirituale contenuto nei mosaici.
Le due volte sono tra i luoghi in cui si intervenne strutturalmente in modo più consistente, con un difficile lavoro di restauro che abbraccia quasi un secolo dalla prima metà dell’Ottocento agli anni Trenta del secolo successivo.