I restauri

I mosaici marciani hanno subito numerosi restauri nel corso dei secoli, a partire dalla fine del 1200.
Le scosse di terremoto, le continue deformazioni nelle strutture della Basilica e l’aggressività dell’atmosfera, rimangono tuttora i motivi di massimo rischio per la sopravvivenza dell’enorme manto musivo.

La Procuratoria di San Marco, preposta fin dall’inizio alla formazione e all’accrescimento della chiesa è ora, attraverso i suoi organi la custode di questo immenso capolavoro.

APPROFONDIMENTI

LA STORIA

I mosaici datano dalla fine dell’XI alla seconda metà del XIX secolo.
Oggi le superfici si presentano come una combinazione di parti originarie e parti modificate in varie epoche; per quanto riguarda le parti greco bizantine completate nel XIII secolo, anche totalmente sostituite.

Nei restauri eseguiti entro la fine del XIII secolo prevale sempre il rispetto del carattere e dell’ideazione originari, mentre traspaiono le riprese dei fondi d’oro e il rifacimento di singole parti in quelli di epoche successive. Tra i restauri più evidenti quelli rinascimentali, da quando non si rinuncia a esprimere la propria coerenza stilistica.
I mosaici del XIV secolo (battistero e cappella di Sant’Isidoro), sono della scuola veneziana, che trasforma l’insegnamento dei maestri greci elaborando propri temi iconografici e tecniche legate alla produzione del mosaico che da allora comincia ad essere fornito interamente dalle fornaci del vetro di Murano.
Nel XV secolo gli artisti toscani introducono l’uso del cartone per trasferire il disegno sulla parete(cappella dei Mascoli). Quanto resta del palinsesto più antico, anche per la qualità e la tecnica dell’esecuzione, è garantito nella sua stabilità dagli imponenti restauri strutturali degli ultimi cent’anni.
Dal XVI secolo a tutto il XVII secolo il restauro si traduce in un rinnovamento delle superfici rovinate, approfittando anche di modesti stacchi per rinnovare totalmente apparati e quadri. L’influenza dei grandissimi pittori dell’epoca prevale sui mosaicisti, ridotti ad esecutori in mosaico delle grandi tele degli importanti cartonisti. Su tutti primeggiano il Tiziano, il Tintoretto, il Veronese, Jacopo il Palma il giovane. Ed ancora i Salviati, il Padovanino, l’Aliense, Maffeo Verona e Pietro Vecchia.
Nel XVIII secolo inizia una rivalutazione culturale degli antichi mosaici a scapito dei nuovi, ritenuti spesso peggiori. Leopoldo Dal Pozzo innova le tecniche e l’uso degli smalti nelle splendide lunetta e volta del portale a sinistra rispetto a quello centrale (cartone di Sebastiano Ricci), intervenendo con attenzione al recupero degli antichi mosaici. Dopo di lui vi è un rapido decadimento.
Dopo la caduta di Venezia, l’Austria eredita nel 1814 da Napoleone una basilica abbandonata da anni: lo Stato veneziano è morto e con esso la sua cappella. Il merito di Napoleone è di staccare la basilica ducale dalla dipendenza di un governo che non esiste più, affidandola alla Chiesa.
Nell’Ottocento l’abbandono della manutenzione per circa vent’anni a cavallo del secolo precedente, e le sempre più precarie condizioni statiche, impongono il restauro di grandi superfici, che viene eseguito fino agli anni Sessanta con la sostituzione delle parti staccate, pur con l’intento di ripetere le figure preesistenti.
In seguito si passa a restauri più conservativi e sempre più raffinati, con l’operazione di strappo delle superfici da restaurare (“lievo“) e, nella prima metà del Novecento, addirittura con la realizzazione del “restauro da dietro“, smontando la muratura e rifacendola dopo aver restaurato il mosaico, mantenuto nella posizione e integrità originarie.
La prima metà del XIX secolo passa nell’attuazione di un programma di consolidamento che coinvolge pesantemente i mosaici.
La seconda metà del secolo è caratterizzata dall’impegno del proto Pietro Saccardo che risponde alle sollecitazioni di John Ruskin e Alvise Zorzi per il rigoroso rispetto della storia. vengono restaurate le parti cedenti, modificati gli interventi criticati, arricchite ed adeguate le tecniche di intervento. Si affronta con il “nuovo metodo” della conservazione il restauro di enormi superfici, per oltre 3000 metri quadrati.
Per i mosaici il grande periodo del restauro che attraversa il XIX secolo e la prima metà del XX, ha lo stesso valore delle loro origini nei secoli XII e XIII. In questo periodo viene portato a nuova vita un apparato morente.
L’azione così massiccia è dovuta alla necessità di affrontare con urgenza uno stato generale giunto al massimo degrado agli inizi del XIX secolo, quando non si bada che all’integrità fisica del monumento, trascurando la manutenzione delle superfici a mosaico.
Il nuovo atteggiamento culturale spinge alla ricerca di tecniche più aggiornate e nel giro di settant’anni dal 1880 si restaurano cupole, volte e pareti intervenendo sui mosaici senza mai distruggerli o sostituirli.

LE TECNICHE

Oggi i danni principali ai mosaici sono rappresentati dallo stacco dalla muratura, dalla caduta di tessere, dall’alterazione della loro struttura, dalla disgregazione degli strati di fondo che ne garantiscono l’adesione.
Gli effetti dovuti all’aggressività dell’atmosfera o all’umidità di risalita nella muratura producono il deterioramento superficiale delle tessere e il disgregarsi della malta degli strati di fondo. Nel primo caso si giunge alla polverizzazione delle tessere, nel secondo alla loro caduta, che avviene per singoli pezzi o a piccoli gruppi. In talune situazioni le cause si sommano.

Quando si tratta di stacco, la valutazione delle deformazioni strutturali in atto o prevedibili è di grande aiuto per riconoscere le zone di possibile sofferenza del manto. A tal fine è utile uno sguardo alla vicenda delle strutture dell’edificio sacro.
La “magna gesia” del 1063, la basilica attuale, sostituisce quella edificata nell’828 per conservare il corpo di San Marco.
La sua creazione comporta certamente una riutilizzazione del contesto edilizio preesistente, che gli architetti greci progettano e dirigono con estremo rigore, ma la successiva aggiunta delle cupole plumbee, dei coronamenti marmorei del tetto, dell’atrio e del Battistero alterano i pesi unitari sulle crete sabbiose del sottosuolo, che cede in modo differente.
I primi quattro secoli di vita sono seguiti da terremoti e incendi che accentuano in modo drammatico il dissesto della basilica. Così che le membrature esterne dei lati nord e sud richiedono continue attenzioni, con contrafforti, tiranti e ridossi di muratura.
Non c’è luogo che non abbia avuto interventi di sostituzione, magari parziale, ma sono state soprattutto le volte e le pareti perimetrali a subire i contraccolpi dei dissesti, e con esse i mosaici, che si staccano a più riprese, costringendo la Procuratoria a intervenire.

Oggi non si considerano più zone di maggiore o minore qualità ai fini della conservazione del mosaico, si rispetta oramai anche l’errore deturpante, a testimonianza dei diversi momenti della sua storia.
Nei casi di stacco l’individuazione tradizionale della superficie musiva separata dal muro, è fatta battendo le nocche della mano e apprezzando la diversa sonorità della risposta. Esercitando una pressione con il palmo si avverte l’eventuale flessione sulla superficie. Con uno “stetoscopio” si possono definire i limiti e la profondità delle aree scollate, secondo la risonanza delle cavità dietro il mosaico su cui è tenuto appoggiato un diapason che vibra.
Al controllo descritto si aggiunge l’uso di tecniche moderne più raffinate, per valutare il distacco dal manto attraverso la misura computerizzata delle risposte alle emissioni vibranti inviate verso al superficie musiva. Questa può dare una lettura utilissima per l’indagine a distanza, ma necessita di ulteriori messe a punto.
Il consolidamento di parti distaccate è affrontato utilizzando una malta fluida, ottenuta mescolando latte di calce, polvere di marmo finissima e graduando secondo le necessità una resina acrilica, il Primal, che non supera mai il 50% del totale, ma in genere è utilizzata in preparazioni di un terzo per ciascun componente.
In generale, e nei casi di distacco in particolare, le fasi dell’intervento attuale si sviluppano in 4 momenti:
1. la documentazione fotografica capillare, rilievi grafici e se necessario qualche calco sul posto;
2. l’individuazione delle superfici che presentano stacco, con delimitazione mediante contrassegni del contorno dei diversi tipi di stacco;
3. le diverse fasi del consolidamento;
4. il lavaggio, la pulitura superficiale e la documentazione a opera ultimata.

Quando il danno è dovuto al disgregarsi della malta di fissaggio della tessera, il cosiddetto “rovigno“, l’azione è assai più difficile. Il consolidamento della malta è a volte quasi impossibile, poiché può essere imbevuta di sali e umidità e quindi non trattabile con agenti chimici. In quei pochissimi casi è necessario provvedere allo stacco della superficie, se si tratta di piccole parti, cioè al “lievo“, alla sua pulizia e al ripristino degli strati di fondo della malta deteriorata sostituendola con nuova.

REPERTI

Il deterioramento superficiale delle tessere, invece, chiede attenzione alle cause, umidità saliente o atmosfera acida. L’eventuale sostituzione di ciascuna tessera deve essere valutata secondo la posizione nel contesto dell’opera. L’integrazione di tessere nel tessuto di mosaico, a differenza dei dipinti e degli affreschi, costituisce un’adeguata protezione del fondo e, soprattutto, assicura la continuità della concatenazione della struttura musiva. Per questi restauri le tessere antiche sono garantite dalla dotazione dei magazzini della Procuratoria. Le tessere sostituite vengono segnalate con l’apposizione di un punto di smalto coloratosu ogni tessera, visibile solo da vicino.
E’ più semplice intervenire su mosaici che non abbiano subito restauri negli ultimi cent’anni, poiché le tecniche antiche sono simili fin dalle origini, con la variante dell’applicazione delle tessere su stucco da parte dei mosaicisti di provenienza romana, e sono note. In queste zone si trovano ancora sistemi di sostegno del mosaico alla muratura che testimoniano di passati interventi (chiodi, rosette, ecc.) e interventi di integrazione di particolare rozzezza, come quelli di risarcimento di fessurazioni strutturali. Purtroppo, tra le tessere dei mosaici trattati con gli ottocenteschi “beveroni” di cemento, in taluni casi affiora la muffa di efflorescenze saline. Problema tra i maggiori da affrontare, poiché è difficile procedere allo stacco di zone cementate e senza stacco non è prevedibile un efficace intervento di salvaguardia.
La conoscenza storica dei lavori, oltre che dei danni, risulta un utile ‘bagaglio’ per meglio definire gli interventi. Con l’isitituzione dello Studio di mosaico nel 1881, il Saccardo raccoglie e documenta con pubblicazioni a stampa le principali attività in questo settore.
La scuola tutta marciana del mosaico, in questo secolo, ha garantito la sopravvivenza delle maestranze e ha permesso l’approfondimento della problematica dei restauri dei mosaici di San Marco.