La decorazione musiva che riveste tutta la parte superiore dell’architettura di San Marco per un ‘estensione di circa 8.000 metri quadrati è frutto di un pensiero unitario.
Gli studiosi concordano nel considerare il grande piano iconografico dell’interno già compiuto nel corso del XII secolo. I mosaici dell’interno narrano i fatti del Nuovo Testamento, con il grande messaggio della salvezza cristiana.
I mosaici dell’atrio, compiuti più tardi nel corso del XIII secolo, con la loro meditazione sull’Antico Testamento e in particolare sui libri della Genesi e dell’Esodo, bene si collocano come anticipo e preparazione dell’interno.
Intrecciati a questo piano principale se ne individuano molti altri: le storie della Madonna, il martirio di San Pietro e di San Clemente, i fatti della vita di San Giovanni evangelista e del Battista, di Sant’Isidoro, il nutrito pantheon dei santi venerati dai Veneziani e, più importanti di tutti, i cicli con la leggenda di San Marco. L’oro che fa da sfondo ai mosaici non solo dà unità a tutto il rivestimento musivo ma, secondo la concezione orientale esso ha un preciso valore simbolico, come colore del Divino, immagine di quella luce che per i teologi e i padri della chiesa medievali è Dio stesso.
Sebbene ne siano state fatte letture diverse, ci troviamo di fronte ad uno schema teologico che ha guidato la distribuzione dei mosaici all’esterno e all’interno dell’intero edificio. Le ipotesi più accreditate, riguardanti un possibile autore del piano programmatico, conducono ad un teologo che ha operato a San Marco, forseJacobo Venetico greco, studioso di Aristotele.
E’ necessario però ammettere la presenza di altri iconografi successivi: uno per l’atrio, un altro per le storie esterne di San Marco, un terzo per il battistero, un quarto per la cappella di Sant’Isidoro, un quinto per la quella dei Mascoli ed un sesto per il complesso della sacrestia.
Nell’atrio si snodano i fatti narrati nel Pentateuco, denominazione data alla prima parte della Bibbia, attribuita a Mosè e suddivisa in cinque libri. Si inizia con la cupoletta, in cui è raffigurata la creazione del mondo (l’Esamerone) e la storia dei protoparenti, uno dei capolavori dell’arte mondiale raffigurante le opere divine nei 6 giorni della creazione. Seguono le storie di Caino e Abele, di Noè, del diluvio, della torre di Babele, e poi di Abramo e quelle di Giuseppe, le quali occupano tre cupolette del braccio settentrionale, per finire con i fatti principali di Mosè fino al passaggio del Mar Rosso.
L’esecuzione di questo ciclo di mosaici ha inizio nei primi decenni del XIII secolo, forse nel 1230, e termina nel 1275. Questa serie si ispira quasi alla lettera alle miniature della “Bibbia Cotton”, forse del V secolo, di cui esistono alcuni frammenti al British Museum: è un testo biblico di ambiente egiziano (o più precisamente alessandrino) tardo-antico.
Gli episodi del Nuovo Testamento nell’interno sono incentrati su fatti della vita di Cristo narrati nei Vangeli, negli Atti degli apostoli e nell’Apocalisse.
In funzione di cerniera tra i due Testamenti vanno visti i mosaici sulla vita della Vergine, collocati alle ali estreme del transetto, ispirati in parte all’apocrifo protovangelo di San Giacomo e d’ispirazione bizantina. Mentre quelli della cappella dei Mascoli (primo 400), di natura esclusivamente mariana, si possono ritenere un ciclo a sé stante, riportabile a forme specifiche di devozione alla Madonna.
La Basilica presenta anche una vasta serie di mosaici agiografici, che trattano della vita dei santi, riguardanti in particolare:
– l’evangelista san Marco nelle due cantorie, nella parete ovest del transetto sud, sulla volta della Cappella Zen, oltre che in facciata;
– gli apostoli, sulle due vaste tribune di sinistra e di destra a lato della cupola della Pentecoste;
– Sant’Isidoro con i mosaici della cappella omonima, un santo collegato alle fortune militari e politiche conseguenti alle crociate;
– San Leonardo, il popolare santo di Provenza, con una cappella a lui dedicata dove si narrano le principali sequenze biografiche. Se ne mettono comunque in rilievo gli aspetti nobiliari: la cappella entra, infatti, nell’area di uso strettamente dogale della basilica.
– le storie di San Pietro e San Clemente papa, sul lato inferiore della tribuna di sinistra e di destra, a fianco del presbiterio. La presenza di San Clemente va forse riferita all’importanza del culto del santo, collegato già in Alessandria a quello di san Marco a cui era devota la gente di mare.
Tanto nell’atrio quanto all’interno della Basilica, ma qui con maggiore evidenza, il manto musivo può venir letto anche lungo itinerari verticali dall’alto in basso.
Di norma, la parte superiore è occupata da episodi del Nuovo Testamento; quella mediana da figure isolate di profeti in funzione interpretativa dei primi, secondo le leggi usuali della critica medievale, che ravvisano nel Nuovo Testamento la verifica dell’annuncio proclamato nell’Antico Testamento dai profeti, dalla loro vita o dalle loro parole.
Il registro inferiore della fascia concerne i santi del pantheon locale, indigeni e patroni, secondo l’uso bizantino, a questi si aggiungono i santi esteri con i quali vigono vincoli di pietà o onorati in paesi con cui la Repubblica intrattiene rapporti commerciali.