Il Tesoro di San Marco

Il Tesoro di San Marco riunisce 283 pezzi in oro, argento, vetro e altri materiali preziosi di varia provenienza.
E’ quanto rimane dell’antico tesoro della Repubblica depredato dopo il 1797 ed ulteriormente impoverito dalla vendita di pietre e perle preziose tra il 1815 e il 1819 per le necessità di restauro della basilica. Il nucleo più interessante è costituito dagli oggetti portati a Venezia da Costantinopoli dopo il 1204.

Si tratta in prevalenza di calici liturgici, coppe, patene in pietra dura montati su oreficeria smaltata bizantina.
A questi pezzi si aggiungono vasi in vetro e pietra dura di epoca tardo antica e coppe di provenienza islamica. Infine vi è il nucleo degli oggetti occidentali, alcuni dei quali lavorati a filigrana a Venezia.

Il Tesoro della Basilica è conservato nelle antiche stanze tra la chiesa e il palazzo ducale, cui si accede attraverso una porta del transetto meridionale impreziosita da un mosaico del XIII secolo che, a ricordo dell’incendio del 1231, raffigura due angeli mentre sorreggono il reliquiario della Croce miracolosamente rimasto intatto.
Il piccolo vestibolo introduce, a sinistra, nel santuario e, a destra, nel Tesoro vero e proprio. Nel santuario sono raccolte in otto nicchie alle pareti numerosi preziosi reliquiari che contengono reliquie di santi raccolte da Costantinopoli alla Terra Santa e da luoghi diversi del bacino orientale del Mediterraneo.

Il nucleo più antico risulta da una parte del bottino trasportato a Venezia da Costantinopoli tra il 1204 e il 1261, dopo la conquista veneziana. Si tratta prevalentemente di calici liturgici, coppe, patene in pietra dura montati su oreficeria smaltata bizantina. Ne fanno parte anche le due icone dell’arcangelo Michele con cornici a smalti. A questi pezzi si aggiungono vasi in vetro e pietra dura di epoca tardo antica, coppe di provenienza islamica, tutti di grande interesse. Infine vi è il nucleo degli oggetti occidentali, alcuni dei quali lavorati a filigrana a Venezia.
Altri pezzi si sono aggiunti successivamente, o per dono di pontefici o di principi europei o dei dogi stessi.
Finita la Repubblica nel 1797, parte di esso viene depredata. Quanto si salva viene riconsegnato alla basilica nel 1798, anche se, tra il 1815 e il 1819, pietre e perle preziose vengono vendute per le necessità del restauro della basilica.

 

Nel Tesoro possono essere individuate quattro sezioni
cat. n. 8 Lampada di cristallo di rocca– Oggetti appartenenti all’Antichità e all’Alto Medioevo, tra cui le due bellissime lampade in cristallo di rocca scolpito a forma di pesce e le due anfore con i manici a forma di animale, ciascuna ricavata da un unico blocco di preziosa agata orientale
cat n 40 Calice dei patriarchi– Oggetti di oreficeria bizantina dei secoli attorno al Mille: calici e patene in pietra dura con montatura in oro e argento ornata di smalti cloisonnes, presenti anche nelle due icone portatili con l’immagine di san Michele Arcangelo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

cat n 117 Scodella di vetro turchese– Oggetti appartenenti all’arte islamica (IX-X sec.): da ricordare la splendida coppa in vetro turchese con animali stilizzati in rilievo e montatura in argento dorato con pietre dure incastonate;

 

 

 

 

 

 

Tesoro - Bruciaprofumo 2– Oggetti di provenienza e lavorazione occidentale: tra cui il famoso bruciaprofumi a forma di piccolo edificio a pianta centrale sormontato da cinque cupole e molti altri pezzi in cui viene soprattutto esaltata la lavorazione a filigrana.

 

 

 

 

 

 

 

Restano da ricordare i due paliotti d’altare sulla parete sud: uno (fine del XIll sec.) appartenente alla basilica e dedicato a San Marco, con il quale ancora oggi si riveste l’altare maggiore nella grandi festività e l’altro (XV sec.), dono di papa Gregorio XII, proveniente dalla chiesa cattedrale di san Pietro di Castello.
Ultima preziosa presenza è il trono-reliquiario di San Marco in alabastro calcareo di lavorazione alessandrina, forse del VI sec., giunto a Venezia da Grado, al cui patriarca Primigenio era stato donato dall’imperatore Eraclio nel 630. Sui fianchi si leggono bene i simboli dei quattro evangelisti, sullo schienale è raffigurato l’agnello sotto un albero da cui sgorgano i quattro fiumi del paradiso, secondo una visione dell’Apocalisse.

I pezzi più significativi del Tesoro venivano esposti sull’altare di San Marco nelle principali feste liturgiche, per destare sia l’ammirazione delle ambasciate straniere, sia dei visitatori, sia per dare al culto l’impressione di magnificenza.