La Pala d'oro
Dietro l’altare maggiore si può ammirare la Pala d’Oro, unico esempio al mondo di oreficeria gotica di notevoli dimensioni rimasto integro. Larga 3,34 metri e alta 2,12 metri è divisa in due parti, ed è composta da circa 250 smalti cloisonné su lamina d’argento dorato e decorata da 1927 pietre preziose e gemme.
La parte inferiore è dominata dalla maestosa figura del Cristo benedicente circondato dai Quattro Evangelisti. Ai lati sono disposti in tre registri le figure di dodici profeti, dodici apostoli e dodici arcangeli, e al di sotto la Vergine Maria orante, il doge Ordelaffo Falier e l’imperatrice Irene.
Sopra il Cristo è raffigurata l’Etimasia, la preparazione del trono del Giudizio Finale, con ai lati due cherubini e due arcangeli.
Allineate superiormente si trovano quasi tutte le feste della Chiesa bizantina, da sinistra: l’Annunciazione, la Natività, la Presentazione al tempio, il Battesimo di Gesù, l’Ultima cena, la Crocifissione, la Discesa al Limbo, la Resurrezione, l’Incredulità di Tommaso, l’Ascensione e la Pentecoste.
Ai lati, in posizione verticale, in dieci piccoli riquadri, sono rappresentati a sinistra i fatti salienti della vita di San Marco, e a destra gli episodi relativi al suo martirio ad Alessandria d’Egitto e al trasferimento del suo corpo a Venezia.
Il grande fregio superiore, proveniente da una delle tre chiese del monastero del Pantocrator a Costantinopoli, raffigura l’Arcangelo Michele al centro, e sei formelle con l’Ingresso di Cristo in Gerusalemme, la Discesa al Limbo, la Crocifissione, l’Ascensione, la Pentecoste e la Morte della Vergine. Numerosi tondi smaltati di varie dimensioni, raffiguranti i santi venerati dai Veneziani, completano il quadro.
Per la storia di questa preziosa tavola vanno individuate quattro fasi:
La parte inferiore risale al periodo del doge Ordelaffo Falier (1102-1118) con la disposizione degli smalti, sia sulle cornici laterali, con le storie di San Marco, sia sulla cornice superiore con i sei diaconi e le feste cristologiche del calendario liturgico, nonché del gruppo centrale del Pantocrator.
Alla seconda fase va assegnata la parte superiore della Pala, con la serie delle sei feste bizantine e l’arcangelo Michele al centro, forse recate a Venezia da Costantinopoli dopo il 1204. Come dice l’iscrizione in basso sul lato sinistro della Vergine, la pala renovata fuit nel 1209, sotto il doge Pietro Ziani (1205-1229). Probabilmente gli smalti provengono dalla chiesa del Pantocrator a Costantinopoli, oggi distrutta, se si vuol prestar fede alle parole del suo Patriarca che visitando San Marco nel 1438 dichiarò mestamente che quei pezzi provenivano da quella chiesa.
Il terzo intervento si colloca negli anni 1343-1345 quando, durante il dogado di Andrea Dandolo, la Pala fu interamente rinnovata e acquistò l’aspetto attuale.
La seconda iscrizione, posta sul lato destro della Vergine, attesta infatti che le pietre preziose furono aggiunte per merito dei Procuratori Marco Loredan e Francesco Querini.
Gli artisti coinvolti in questo lavoro lasciarono sul retro della tavola superiore i loro nomi e le date di lavorazione: si tratta di Giovanni Paolo Bonesegna, per i lavori di oreficeria eseguiti nel 1342, e di maestro Perin per quelli di falegnameria nel 1345.
In questa occasione la parte superiore fu di poco allargata ai lati e l’orlo fu riccamente ornato di strisce decorate con racemi e medaglioni. Alcuni smalti vennero tagliati agli orli, altri scambiati.
La parte superiore della Pala era dotata di cerniere che con un complesso sistema di carrucole, collegate a due colonne poste sul retro e sormontate l’una dall’Angelo Annunciante e l’altra dalla Vergine annunciata, aveva la possibilità di ruotare verso il basso, andando a richiudersi a libro sopra la parte inferiore. Una volta chiusa veniva coperta da una Pala detta “feriale”, ovvero una tavola lignea dipinta. La più antica venne eseguita da Paolo Veneziano e figli nel 1343-1345con storie di San Marco e santi, ora conservata nel Museo della Basilica.
In origine la Pala d’oro veniva aperta solo in occasione di grandi celebrazioni alla presenza del doge e di importanti personalità della politica internazionale, per il resto, nei giorni per l’appunto “feriali”, restava chiusa e coperta dal dipinto.
L’ultimo restauro risale agli anni 1836-47 e fu eseguito dagli orefici Lorenzo e Pietro Fauro. I lavori si conclusero il 13 maggio 1847 quando la parte superiore venne saldamente unita con quella inferiore. Da quel momento la Pala perse la possibilità di ruotare e venne resa fissa nelle dimensioni attuali. Le due colonne poste sul retro insieme al gruppo dell’Annunciazione che le sormontava vennero rimosse e negli anni successivi furono poste negli ambienti del Tesoro dove attualmente si trovano.
La Pala rimase quindi rivolta verso la navata della chiesa fino al 1958, quando, su richiesta del Patriarca Angelo Roncalli, che non gradiva l’abitudine dei turisti di appoggiarsi all’altar maggiore per poterla ammirare, venne studiato un apposito meccanismo di sollevamento e rotazione.
Attualmente la Pala viene esposta verso la navata solo nelle cerimonie religiose celebrate dal Patriarca, mentre normalmente è rivolta sul lato opposto per essere comodamente ammirata.
