La Cappella di Sant’Isidoro

La devozione verso Sant’Isidoro da parte dei veneziani ha origine il 16 aprile del 1125, sotto il dogado di Domenico Michiel, quando le sue spoglie, trafugate dal chierico Cerbano Cerbani, vennero portate dall’isola di Chio a Venezia. Giunta in città la reliquia viene nascosta e di lei più non si parla fino al Trecento, quando Andrea Dandolo, nella sua seconda opera storica, la cosiddetta Extensa, compilata tra il 1344 e il 1351, narra del martirio del santo e del suo arrivo a Venezia, in concomitanza, si crede, alla riscoperta dei suoi resti, di cui peraltro non è nota la data.

Per volere del Dandolo quindi, un piccolo cortile compreso fra il muro nord del transetto e un’antica costruzione allora esistente nello spazio ora occupato dalla Piazzetta dei leoncini, probabilmente l’antica chiesetta di san Teodoro, venne eretta la cappella a lui dedicata; un’iscrizione posta ai piedi del Cristo nella lunetta sopra l’altare indica che i lavori si conclusero il 10 luglio del 1355, durante il dogado di Giovanni Gradenigo, quand’erano Procuratori Marco Loredan, Nicolò Lion e Giovanni Dolfin.

Il corpo del santo venne deposto nella tomba l’anno successivo, il primo maggio del 1356, come risulta da un’iscrizione rinvenuta all’interno del sarcofago durante la ricognizione delle reliquie compiuta nel 1824.

Sulla volta a botte e sulle pareti sottostanti è narrata la storia del santo: nella parte meridionale episodi della vita, della passione e il martirio per decollazione, in quella settentrionale il rinvenimento del suo corpo, il furto delle spoglie e il suo arrivo a Venezia.

Nella lunetta sopra l’altare è rappresentata a mosaico la figura del Pantocratore fra san Marco e sant’Isidoro, nella lunetta opposta la Vergine con il Bambino fra san Giovanni Battista e san Nicola.

Sopra l’altare è posto il sarcofago sormontato dalla figura giacente del santo, e sulla fronte fra tre pannelli con figure di santi sono inseriti due spondis con scene del martirio: Sant’Isidoro trascinato da un cavallo in un paesaggio alberato e il suo martirio mediante decollazione. Sopra il sarcofago veglia un Angelo turiferario, che regge nella mano destra l’incensiere e nella sinistra una navicella particolarmente grande. Questo dettaglio è un preciso riferimento a Chio, dai cui alberi, fra i quali era stato trascinato il santo, si ricavava il mastice, una resina ancor oggi prodotta su quest’isola, utilizzata anche come incenso. Questa sostanza era particolarmente apprezzata a Venezia che da poco aveva superato l’epidemia di peste del 1348, durante la quale l’incenso veniva bruciato quale rimedio contro la “mal aria”, l’aria cioè ritenuta responsabile dell’epidemia.

Ai lati dell’altare sopra piccole mensole sono posti l’Angelo annunciante, a sinistra, e la Vergine annunciata, a destra. Sculture opera di ignoti maestri della metà del Trecento.

La decorazione del sottarco sopra la tomba, come tendono a dimostrare recenti studi tuttora in corso, rimanda a iconografie provenienti dal lontano oriente con precisi riferimenti alla Cina.

Le pareti della cappella sono rivestite di marmi preziosi, porfido, Verde antico e Proconnesio. Sulla parete a destra dell’altare, al di sotto di una nicchia incassata nella muratura, un’antica iscrizione ricorda la morte di un bambino di soli otto giorni qui sepolto.

Alla Cappella di Sant’Isidoro è dedicato il terzo numero dei Quaderni della Procuratoria, edito nel 2003.