I restauri

I mosaici marciani hanno subito numerosi restauri nel corso dei secoli, a partire dalla fine del 1200.
Le scosse di terremoto, le continue deformazioni nelle strutture della Basilica e l’aggressività dell’atmosfera, rimangono tuttora i motivi di massimo rischio per la sopravvivenza dell’enorme manto musivo.

Nei restauri eseguiti entro la fine del XIII secolo prevale sempre il rispetto del carattere e dell’ideazione originari, mentre traspaiono le riprese dei fondi d’oro e il rifacimento di singole parti in quelli di epoche successive.

Dal XVI secolo a tutto il XVII secolo il restauro si traduce in un rinnovamento delle superfici deteriorate, approfittando anche di modesti stacchi per rinnovare totalmente la scena musiva. L’influenza dei grandi pittori dell’epoca prevale sulla figura del mosaicista, il cui compito diventa quello di tradurre in mosaico i cartoni da loro approntati. Su tutti primeggiano Tiziano, Tintoretto, Veronese, Jacopo il Palma il giovane, i Salviati, Padovanino, l’Aliense, Maffeo Verona e Pietro Vecchia.

Nel XVIII secolo inizia una rivalutazione culturale degli antichi mosaici a scapito di quelli di nuova formazione, ritenuti di minor pregio per tecnica e qualità compositiva. Per quanto Leopoldo Dal Pozzo abbia rinnovato le tecniche e l’uso degli smalti nelle splendide lunette e volta del portale di San Pietro su cartone di Sebastiano Ricci, intervenendo con attenzione al recupero dei mosaici antichi, negli anni successivi la sensibilità della conservazione viene a mancare.

Nell’Ottocento l’abbandono della manutenzione del secolo precedente, e le sempre più precarie condizioni statiche dell’edificio che richiedono estesi interventi sulle murature, impongono il restauro di grandi superfici mosaicate, che viene eseguito sostituendo le parti staccate, pur mantenendo le figurazioni preesistenti.

La fase delle sostituzioni si conclude alla fine dell’Ottocento, grazie all’impegno del proto Pietro Saccardo che risponde alle sollecitazioni di John Ruskin e Alvise Zorzi che reclamavano a gran voce un rigoroso rispetto della storia. Con l’istituzione dello Studio di mosaico nel 1881, Saccardo da inizio all’età della conservazione, raccogliendo e documentando con pubblicazioni a stampa le principali attività in questo settore.

Agli inizi del Novecento, quando la Direzione dei lavori viene affidata a personalità quali l’architetto Manfredo Manfredi e l’ingegnere Luigi Marangoni, la tecnica conservativa raggiunge livelli sempre più raffinati, fino a giungere al “restauro da dietro”, laddove possibile e solo se necessario, che comporta lo smontaggio della muratura, il consolidamento del mosaico “in loco” che mantiene così posizione e integrità originarie, e il rifacimento della muratura.