Le Campane

Le prime notizie in merito alla fusione di campane a Venezia risalgono al dogado di Orso Partecipazio (864-881), il quale mandò in dono dodici campane all’imperatore greco Basilio (867-886) in segno di gratitudine per aver da lui ricevuto il titolo di Protospatario.

La storia delle sue campane è legata alla lunga serie di fulmini che colpendo il campanile ne provocavano lesioni o cadute. Le cronache testimoniano la loro caduta nell’incendio del 1489; vengono rifuse nel 1513, e negli anni 1613, 1731, 1792 subiscono restauri, fusioni e accomodamenti.

Anche il numero delle campane variò nel corso dei secoli: nel 1489 erano sei, ma in seguito altri testimonianze scritte ne indicano talora quattro, talaltra sette. Il cerimoniale della basilica datato 1678 riporta che le campane sono cinque, tutte di ottimo suono.

La più celebre, chiamata la Marangona, segnava la mezzanotte e batteva ogni due ore. Suonava inoltre un’ora dopo il Mattutino. Il suo nome deriva dai “marangoni”, vale a dire i carpentieri navali, per i quali e per ogni altra maestranza dell’Arsenale di Venezia scandiva la giornata di lavoro suonando all’inizio e alla fine di ogni turno.

La Trottiera o dopo nona, suonava mezz’ora dopo il mezzogiorno. Aveva inoltre il compito di radunare i membri del Maggior Consiglio. Ai suoi rintocchi i nobili si affrettavano a raggiungere Palazzo Ducale al trotto, quando a Venezia si usavano ancora i cavalli. Quando la campana smetteva di suonare le porte di palazzo venivano chiuse e nessuno poteva più entrare.

La Nona o Mezzana batteva la mezz’ora di notte, il mezzogiorno e il Vespro; i suoi rintocchi avvertivano anche il termine ultimo per spedire la posta da Rialto.

La Mezza terza o Pregadi batteva l’ora durante la notte e allo spuntar dell’alba suonava il Mattutino. I suoi rintocchi segnalavano le riunioni dei Senatori, anticamente chiamati “Pregadi”.

La più piccola era chiamata del Malefizio o dei Giustiziati e veniva suonata per mezz’ora in caso di condanne a morte.

Un decreto del Maggior Consiglio del 23 settembre 1569 ordinò che il campanaro di San Marco dovesse avere almeno 25 anni, fosse confermato in Collegio con l’intervento dei capi dei X, con 2/3 di voti, ed esercitasse personalmente il suo compito.

La vita era scandita dal suono delle campane: si suonavano per chiamare i Canonici della basilica alle loro funzioni e gli arsenalotti al lavoro. Suonavano a gloria, tutte insieme, sia per il papa che per il doge, sia per la loro elezione che per la loro morte, con un numero uguale di rintocchi.

Il silenzio della Marangona indicava il riposo dei lavoratori, la Trottiera taceva per il riposo dei legislatori in Pregadi.

Nel 1670 giunse a Venezia il “Campanon de Candia”, possedimento conquistato dai turchi, montaato nel campanile solo nel 1678, in occasione della festa dell’Ascensione. A quanto pare non aveva alcuna funzione pratica, per cui si presume che abbia suonato di rado; quando nel 1722 si staccò cadendo sul pavimento della cella nessuno ne propone il restauro e il campanon rimane abbandonato in un angolo.

Nel 1731 i Procuratori di San Marco comunicano al doge che la Trottiera si era spezzata e la Nona necessitava di riparazioni. Il 19 aprile la piccola Trottiera, datata 1418, venne calata in piazza dagli arsenalotti, dopo trecento tredici anni di funzionamento. Fu rifusa in Arsenale da Giovanni Battista Alberghetti, ma posta in opera sul campanile e fatta suonare si scopri che era stonata. Calata nuovamente, riportata in Arsenale, di nuovo rifusa e rimontata sul campanile la si constatò ancora stonata. Il 25 gennaio 1732 il Procurator Cassier di San Marco chiese in Senato che la campana venisse rifusa ancora una volta, in altra Fonderia, ma non risulta che il lavoro sia stato eseguito.

Nel 1792 il campanaro Pavoni segnalò che le quattro campane avevano bisogno di nuove corde, così il Procurator Cassier Nicolò Erizzo ordinò in Arsenale la consegna di 576 passi di corda della qualità Mocado schietto incatramata, ma dall’Arsenale vennero infine consegnata la medesima lunghezza di corda, ma di altra natura, denominata menal di gallera.

Nel 1805 la Marangona risultò spezzata, e se ne deliberò la rifusione. Dell’operazione venne incaricato Domenico Dalla Venezia, al quale si consegnò il “campanon de Candia” e una “piccola campana” che non suonava da molti anni, forse la piccola Trottiera stonata fusa in Arsenale. Nel frattempo l’Austria lascia il posto a Napoleone, e i lavori alla campana si bloccano, riprendendo solo nel 1808 per volontà del patriarca Saverio Gamboni, che ordinò a Domenico Canciani Dalla Venezia la fusione di due campane di dimensioni l’una il doppio dell’altra. Le due campane, per la cui fusione ne erano state sacrificate molte altre provenienti da chiese e monasteri veneziani distrutti, vennero installate l’anno seguente, ma risultando le loro dimensioni oltremodo eccessive, si smontarono, lasciandole a terra nella cella campanaria.

Essendo rimasta operativa un’unica campana a scandire le ore, nel 1819 si decise di rifonderle tutte e cinque. I lavori si affidarono ancora una volta al Dalla Venezia, e le nuove campane, finalmente armonizzate fra loro, entrarono in funzione in occasione della Pasqua del 1820.

Cadranno ottantadue anni dopo, insieme al campanile il 14 luglio del 1902.  Di esse se ne salverà soltanto una, che tutti chiameranno Marangona anche se rifusa nel 1820, che resterà illesa sulla cima delle macerie, mentre le altre quattro verranno sepolte dalle rovine.

Papa Pio X (1903-1914), al secolo Giuseppe Melchiorre Sarto, che era stato Patriarca di Venezia dal 15 giugno 1893 al 4 agosto 1903, si assune l’onere della spesa per la rifusione delle quattro campane distrutte, realizzate dalla Ditta Fratelli Barozzi. Collaudate il 7 giugno 1909 si inaugurarono insieme al nuovo campanile il 25 aprile 1912.

Il loro suono corrisponde all’accordo in La, e precisamente, La, Si, Do#, Re e Mi.