La Piazza tra terra e acqua

Piazza San Marco è stata per secoli l’unica vera porta d’ingresso della città: Venezia, infatti è stata collegata alla terraferma solo alla metà dell’800. Chi vi giungeva in epoche più lontane doveva necessariamente approdare qui, sia chi arrivava dal porto del Lido, via mare, sia chi risaliva il Brenta e poi il braccio di laguna che immetteva nel grande canale della Giudecca.
Grande era lo stupore dei viaggiatori per questa particolarissima città: Philippe de Commynes, ambasciatore francese giramondo, conserva nelle sue memorie un ricordo indimenticabile della città lagunare che così descrive proprio alla fine del Quattrocento: “La mia meraviglia fu grande nel vedere la posizione di quella città e nel vedere tanti campanili e monasteri e casamenti tutti sull’acqua e la gente senz’altro modo di andare qua e là che in quelle barche, di cui credo se ne potrebbero mettere insieme almeno trentamila, ma che sono assai piccole. Intorno alla città, nel giro di meno di meno di mezza lega francese, ci sono almeno settanta monasteri di uomini e donne tutti su isole, molto belli e ricchi per edifizi e ornamenti e bei giardini. E questo senza contare quelli dei quattro ordini mendicanti che sono dentro la città,le settantadue parrocchie e molte confraternite; ed è cosa stranissima veder chiese così grandi e belle costruite sul mare…“.
Mi condussero lungo la strada principale,che essi chiamano il Canal Grande e che è molto largo. Le galee vi passano in mezzo e vidi vicino alle case navi di quattrocento tonnellate e più; io credo che sia la strada più bella che c’è in tutto il mondo e la più ben costruita, e attraversa tutta la città.
Le case sono molto grandi e alte, di buona pietra e quelle antiche tutte dipinte, quelle fatte da cento anni in qua hanno tutte la facciata di marmo bianco, che giunge dall’Istria a cento miglia di là, con grandi pezzi di serpentino e di porfido. Dentro hanno quasi tutte almeno due camere con i soffitti dorati, ricche cappe da camino di marmo scolpito, lettiere dorate,bussole dipinte e dorate in gran copia di mobili. È la città più splendida che io abbia mai visto, e quella che fa più onore agli ambasciatori e gli stranieri
“.

Intensissima era l’attività dall’Arsenale dove operavano migliaia di arsenalotti e venivano costruite anche le grandi galere fino al Bacino, dove si avvicendavano con le galere le cocche più rotonde e adatte al trasporto delle merci.
Nel sistema veneziano le galere appartenevano allo Stato che appunto le faceva costruire nell’Arsenale, le armava di marinai e soldati e poi le metteva al pubblico incanto per le varie rotte. Questo evento aveva luogo in Piazzetta, alla presenza della Magistratura competente che provvedeva all’assegnazione per asta pubblica.
Le rotte delle navi erano prestabilite e avvenivano lungo direttrici consolidate: verso il Mar Nero, la Siria, l’Egitto e successivamente verso le Fiandre e l’Inghilterra.
La partenza e l’arrivo di questi convogli (le galere per ragioni di sicurezza viaggiavano di conserva per essere più attrezzate in caso di attacco) comportavano grande concorso di curiosi, di mercanti, di parenti dei naviganti, anche per curiosare sulle merci che arrivavano e per i piccoli traffici che i marinai a bordo, probabilmente esercitavano per conto proprio.
Ma tutto il bacino, come si vede dalle grandi tele del Canaletto, era sempre occupato da barche di ogni tipo, sia come mezzo di trasporto delle persone, che delle merci.

Il Molo e la Piazzetta avevano consolidato il termine tra terra e acqua, perché all’inizio l’acqua occupava gran parte dell’area che dalla laguna si protendeva verso San Marco. Questo confine era ed è rimasto labile, sia perché Venezia fu costruita appunto su gruppi di isole, sia perché la marea invade Piazza e Piazzetta sempre più di frequente, essendo questo uno dei punti più bassi di Venezia.

Oggi i luoghi che erano il cuore del potere dello Stato veneziano, la sede delle funzioni più importanti della città, sono luoghi da salvaguardare e da salvare. È quindi necessario conoscere questi luoghi tenendo conto delle mutate condizioni ambientali e dei pericoli derivanti dall’incuria e dall’inesorabile degrado che il passar del tempo impone.